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Svizzera: vince il sì al divieto di burqa e niqab per le donne in tutti i luoghi pubblici

Donna islamica in gabbia (foto d'archivio)

Referendum popolare in Svizzera. Alla vigilia dell’otto marzo vince il rispetto, la libertà e il buonsenso: mai più burqa e niqab per le donne.

Con 20 cantoni su 26 e la maggioranza dei voti (51,2%) oggi gli elettori hanno approvato il referendum sul testo di modifica costituzionale che vieta di celare il volto in tutti i luoghi pubblici, in particolare nelle strade, nei trasporti pubblici o negli stadi (riguarda anche tifosi e manifestanti).

Al termine di un’accesa campagna, il sì al divieto del velo integrale per le donne si è imposto senza difficoltà nella stragrande maggioranza dei cantoni. I 6 contrari sono risultati quelli di Basilea Città, Zurigo, Appenzello Esterno, Ginevra, Berna e Grigioni.

In 15 cantoni svizzeri è già in vigore il divieto di coprirsi il viso in occasione di manifestazioni ed eventi sportivi, mentre la proibizione del velo integrale negli spazi pubblici è prevista solo in Ticino e nel Canton San Gallo.

Sarà ora esteso a livello nazionale, come già in Francia, Austria, Bulgaria, Belgio e Danimarca.

La norma approvata prevede eccezioni al divieto di coprire il volto esclusivamente per i luoghi di culto e per motivi inerenti a salute, sicurezza, condizioni climatiche e usanze locali, come quelle legate al carnevale.

Sono invece escluse eccezioni per le turiste, che in gran parte arrivano dai Paesi arabi.

Si tratta di una vittoria della destra conservatrice e del Comitato di Egerkingen (già sponsor del referendum col quale nel 2009 venne vietata la costruzione dei minareti) che hanno promosso la consultazione, ma alla quale hanno contribuito anche settori politicamente assai lontani da quelle posizioni, come la sinistra laica, i movimenti femministi e le musulmane liberali che giudicano il velo integrale lesivo della dignità delle donne.

L’esito del voto sconfessa il Governo svizzero, schierato contro l’iniziativa, e indica una mobilitazione in favore del ‘sì al divieto’ ben oltre i simpatizzanti dell’Unione democratica di centro (Udc, destra conservatrice), principale forza politica del Paese che ha fatto campagna per la modifica costituzionale.

Per il presidente dell’Udc Marco Chiesa, il ‘sì al divieto’ scaturito dalle urne costituisce un chiaro segnale contro l’Islam radicale, i delinquenti mascherati e per la pacifica convivenza in Svizzera.

Sul fronte opposto, il presidente del gruppo socialista nelle Camere federali, Roger Nordmann, ha riferito che l’esito della votazione non risolve alcun problema ma rispecchia la somma di “due sì”: alla linea anti-stranieri dell’Udc e a quella laica contro i simboli religiosi nello spazio pubblico.

La ministra della Giustizia e Polizia, Karin Keller-Sutter, commentando il voto, ha voluto subito sottolineare che il voto popolare degli svizzeri “non è stato contro i musulmani”.

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