Consegnato al Teatro Duse di Genova il riconoscimento all’eccellenza femminile alla giornalista e scrittrice, che ha emozionato il pubblico con un racconto intimo tra memoria, musica e teatro
È stato consegnato oggi, sul palco del Teatro Duse di Genova, il XV Premio Ipazia all’Eccellenza al Femminile a Concita De Gregorio, giornalista, scrittrice, conduttrice e figura di riferimento del panorama culturale italiano. Il riconoscimento, assegnato ogni anno a donne che si sono distinte nella
promozione dei diritti, della cultura e della democrazia, è il cuore del Festival dell’Eccellenza al Femminile, ideato e diretto da Consuelo Barilari. L’edizione 2025 del Festival sarà ospitata in residenza al Teatro Nazionale di Genova dal 15 ottobre al 12 dicembre.
Nel corso della cerimonia, De Gregorio ha ripercorso con emozione e profondità la propria carriera e le tappe fondamentali della sua vita, in dialogo con Davide Livermore, direttore del Teatro Nazionale, e con Sergio Cofferati. A pochi giorni dall’uscita del suo nuovo libro Di madre in figlia, edito da Feltrinelli, De Gregorio ha annunciato il desiderio di portarlo a teatro, unendo ancora una volta scrittura e scena.
La serata ha regalato anche momenti musicali intensi grazie alla voce e alla chitarra di Antonella Loliva, ex allieva della Scuola “Mariangela Melato”, che ha eseguito tre brani, tra cui Siboney, molto amato dal padre di Concita, e La Llorona di Chavela Vargas.
Presenti in sala anche le istituzioni locali: Daniele Biello per la Regione Liguria, Lorenza Rosso per il Comune di Genova, e la candidata sindaca Silvia Salis. Circa duecento persone hanno applaudito a lungo De Gregorio, accogliendola con calore sul palcoscenico.
Commovente il ricordo degli anni giovanili e il legame con Genova, città in cui ha vissuto il momento cruciale del G8 del 2001, quando fu testimone diretta dei fatti accaduti alla scuola Diaz: “Genova è una città dell’anima. Quella notte cambiò la mia vita. Scrissi un articolo che diventò la prima testimonianza di quanto accaduto”.
Nel suo intervento, De Gregorio ha condiviso frammenti di sé, parlando della sua formazione musicale, dei sogni teatrali mai dimenticati, e dell’arte dell’ascolto appresa in famiglia: “Scrivere è come suonare, è un gesto corporeo. Ho iniziato con la postura del pianoforte. Mio padre mi insegnava ad ascoltare le storie inventando vite intere al ristorante. Ancora oggi, scrivo per cantare le voci delle persone”.
Toccante anche il passaggio dedicato al teatro, descritto come un “rito collettivo che cura”, e alla necessità di ritrovare il contatto con sé attraverso la scena: “Quando stavo male, era l’unico luogo dove mi sentivo bene. Era meglio del cortisone”.
Tra i tanti temi affrontati, anche la perdita della memoria matrilineare: “Ricordiamo i cognomi dei padri, mai delle madri. Se lo facessimo, scopriremmo che siamo tutti parenti e tutti stranieri”. E un accorato appello al voto, in risposta alla domanda sull’astensionismo: “Invitare a non votare è un delitto politico. I nostri nonni e le nostre nonne hanno lottato per darci questo diritto. Sta a noi esercitarlo”.
Infine, accettando il Premio Ipazia, Concita De Gregorio ha concluso con ironia e gratitudine: “Avevo sempre detto che avrei voluto sulla mia lapide la scritta: ‘Lavorò 60 anni senza mai ricevere un premio’. Ma per questo premio ho fatto un’eccezione. Lo ricevo con grande onore”.
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