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Lettera aperta dell’Ambasciatore russo Razov al ministro Crosetto

Lettera aperta dell'Ambasciatore russo Razov al Ministro Crosetto
L'Ambasciatore russo in Italia Sergey Razov a Genova

L’Ambasciata della Federazione Russa in Italia ha pubblicato una lettera aperta dell’ambasciatore Sergey Razov al ministro della Difesa della Repubblica Italiana Guido Crosetto.

“Egregio signor Ministro, Il 30 gennaio di quest’anno Lei ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera in cui, tra l’altro, ha affermato che l’Europa non deve chiudere le porte ai russi e percepire il popolo russo come un nemico. “Non ho mai condiviso chiusure verso gli artisti, gli sportivi, la popolazione civile. Dobbiamo lasciare dei canali di dialogo aperti” – ha detto. E ha aggiunto: “Perché negare i visti ai cittadini russi? Sarebbe meglio che le persone venissero in Europa anche per ascoltare una voce diversa”.

Concordiamo di rado con le Sue dichiarazioni e azioni soprattutto per quanto riguarda la fornitura di armi italiane all’Ucraina, ma credo che quasi tutti i cittadini russi sottoscriverebbero senza esitazione queste parole. E lo stesso farebbero, suppongo, anche in Italia. Ma in che misura tali parole corrispondono alla realtà? Esaminiamo i fatti concreti. Chi è che sta riducendo le opportunità di contatto e di dialogo tra i popoli dei nostri paesi?

La Russia, fondamentalmente per iniziativa del precedente governo italiano, è stata privata dell’accesso a 300 miliardi di dollari delle proprie riserve valutarie. Ora si discute della possibilità di uno scippo definitivo. E stiamo parlando dei soldi dei contribuenti russi.

L’Italia continua a sequestrare immobili, proprietà e altri beni di uomini d’affari russi dichiarati “oligarchi”. Su questa base, giuridicamente traballante, viene discriminata un’intera categoria di cittadini del nostro Paese che ha investito i propri capitali nello sviluppo dell’Italia.

Con pretesti inverosimili e con la scusa della “solidarietà”, sono stati ingiustificatamente espulsi dall’Italia 30 dipendenti dell’ambasciata russa a Roma (con i familiari: 72 in totale), persone che tanto si erano adoperate per sviluppare e rafforzare le relazioni bilaterali. Tra questi, anche coloro che, nel periodo più difficile della pandemia di coronavirus, hanno contribuito a organizzare l’operazione militare-umanitaria russa svoltasi in Italia nel marzo-maggio 2020 per aiutare le popolazioni colpite del Paese amico. In segno di “gratitudine”, l’Italia ha riconosciuto ai nostri diplomatici lo status di “persona non grata”.

Su impulso degli allora vertici del Ministero degli Esteri italiano, membri di spicco della società civile russa sono stati privati dei riconoscimenti statali italiani. Molti di loro erano stati premiati, tra l’altro, per la loro assistenza disinteressata nella ricostruzione della città dell’Aquila, colpita da un devastante terremoto nel 2009.

Su iniziativa della parte italiana, sono stati interrotti i collegamenti aerei diretti tra i nostri Paesi, riducendo così al minimo il turismo russo in Italia. I nostri connazionali che riescono a raggiungere il Belpaese devono affrontare complicate procedure di rilascio dei visti, il cui costo è più che raddoppiato, e una volta in Italia si scontrano con il rifiuto, da parte di alcune aziende, di vendere loro merci per un valore superiore ai 300 euro.

Il reale atteggiamento nei confronti degli esponenti del mondo culturale russo risulta evidente dai casi di annullamento delle esibizioni in Italia del direttore d’orchestra di fama mondiale V.Gergiev, della pianista V.Lisitza o del ballerino S.Polunin, annullamento determinato unicamente dalla loro posizione politica.

L’atteggiamento nei confronti dei contatti nel campo dello sport è illustrato in modo eloquente dal rifiuto delle autorità italiane, nel marzo 2022, di consentire l’organizzazione di un volo umanitario per trasportare una squadra di atleti paralimpici russi con disabilità, bloccati dalla chiusura dello spazio aereo.

Servizi bancari rifiutati senza motivo, chiusure forzate di conti correnti e altre restrizioni discriminatorie legate al possesso di passaporto russo o semplicemente all’indicazione sui documenti della Russia come luogo di nascita, sono diventati un fenomeno comune nella vita dei nostri connazionali presenti in Italia.

E questo non è assolutamente un elenco esaustivo dei passi compiuti dall’anno scorso da parte italiana per impedire unilateralmente i contatti, distruggere i canali di dialogo bilaterale attivi in precedenza. E qui, signor Ministro, sono sicuro che troverebbe molto difficile citare una qualsiasi iniziativa adottata nella stessa direzione da parte russa.

In Russia siamo abituati a giudicare in base ai fatti piuttosto che alle parole. E i fatti sono molto lontani dalle Sue parole, alla cui sincerità, pur volendolo, è difficile credere. Rispettosamente, S. Razov”