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Il Nano Morgante | L’intrusione della sorte

Il Nano Morgante | L’intrusione della sorte
La Mano dei Misteri di Michal Genca databile al secondo Ottocento

La proposizione “l’uomo a se stesso i mali fabbrica”, estrapolata dall’Odissea di Omero (IX sec aC), ci può confermare la malefica costante che mediamente aleggia sul comportamento umano.

L’epica premessa prende le mosse dalla percezione d’insidia che l’individuo avverte nei confronti di una sorte di per sé scellerata e imperscrutabile. 

Una tendenziale avversione che non tarda a combinarsi con l’altra infausta insidia: l’esito autoprodotto da un esercizio estemporaneo dell’ umano arbitrio, nel momento stesso in cui si prefigge di sostituire la sorte.

L’ equazione che ne consegue combina in sé la variabile circa l’ uso del libero arbitrio, in termini di effetti pratici, con l’ incognita di una sorte inevitabile,  sia quando l’individuo ne accetta con favore l’ intrusione, sia quando ne viene suo malgrado trascinato.

Volendo poi curiosare, a meri fini didattici,  tra gli esiti dei singoli arbitri  relati alle contingenze che li hanno alimentati, si potrebbe compilare un vademecum degli episodi in cui questa temutissima sorte, oltre le inferte delusioni, ha procurato benefit inaspettati, laddove la volontà individuale di seguitare nella direzione intrapresa non sarebbe stata parimenti efficiente. 

In via estensiva, ci si affaccia sulla paradossale possibilità, in parte già statisticamente suffragata dalle personali esperienze,  che i desiderata possano essere esauditi anche confidando nella benevolenza della sorte.

Sia come sia,  l’ amalgama misterico tra una volontà incognita superiore, da un lato, e la volontà individuale, dall’altra, pertiene tipicamente all’esistenza umana. 

E’ dunque approssimativo ogni ferreo convincimento che assegni efficienza ed efficacia alla volontà individuale, come altrettanto approssimativo é pianificare il perché & il percome di tale volontà, i cui risultati solo di rado si rivelano efficienti.

La conclusione stenografica è che il saper dove andare è solo una credenza vana, ben poco garante della destinazione, anche una volta raggiunta. E che, per incompresa logica, un evento inatteso, trasversale alla direzione preordinata, può diventare un ottimo diversivo.

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