Home Cronaca Cronaca Genova

Genova, scoppia guerra della divisa: Diccap-Sulpl scrive a Giurato, Bucci e Garassino

Genova, assessore Stefano Garassino e comandante P.M. Luca Giurato

Guerra della divisa a Genova. Dopo che il nuovo comandante Luca Giurato ha invitato tutti gli agenti di Polizia Municipale a indossarla sempre, scoppia un nuovo caso a Tursi.

Il sindacato Diccap-Sulpl ieri ha inviato una missiva di fuoco al comandante Giurato, al sindaco Marco Bucci, all’assessore alla Sicurezza Stefano Garassino e all’assessora al Personale Arianna Viscogliosi. Ecco il testo.

“Dopo aver letto più volte l’Ordine di Servizio 26 del 16/05/2018 e la susseguente Comunicazione n° 14, non riusciamo, come O.S., a capirne l’utilità e l’obiettivo che si voleva raggiungere.

La scelta consapevole di non ottemperare ad una Legge Nazionale e ad una Legge Regionale, andare contro ad una giurisprudenza consolidata e annullare unilateralmente un accordo sindacale, deve avere sicuramente come fondamento un obiettivo importante.

Da sempre siamo convinti che le grandi trasformazioni e i grandi progetti possono partire anche dalle singole realtà e scontrandosi anche con la normativa vigente ma la nostra miopia ci fa vedere solo gli effetti immediati di questa Sua decisione: un malessere diffuso nel Corpo e tra i Colleghi e un non piccolo calo di fiducia.

Entrando nel merito dell’OdS: il riferimento all’art. 4 della Legge 65/86 inserito nell’OdS stabilisce che le disposizioni devono essere contenute nel Regolamento e non in un OdS. La volontà del Legislatore è proprio quella di creare un insieme di regole che, armoniosamente, siano utili all’organizzazione non lasciando la possibilità di estrapolarne qualcuna e utilizzarla singolarmente.

L’art. 3 della Legge Regionale 31/08 impone ai Colleghi di indossare una divisa durante lo svolgimento dell’attività lavorativa e quindi non al di fuori.

L’art. 2 dell’Ordinamento della Polizia Locale della Regione Liguria ribadisce lo stesso concetto di cui sopra.

L’art. 8 impone ulteriori limiti al Lavoratore nell’indossare la divisa.

L’art. 9 si compone di due commi e la deroga prevista dal primo comma è specificato nel secondo che non da la possibilità al Comandante di stravolgere la Legge bensì da la facoltà di concedere, su richiesta del dipendente, l’uso della divisa anche fuori dal servizio, solitamente per partecipare a manifestazioni o convegni.

Per quanto sopra, è evidente che quanto riportato riguardo il tempo di vestizione non è corretto. Infatti il datore di lavoro può certamente imporre ai propri dipendenti di indossare una divisa durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, ciò evidentemente è un aspetto del potere imprenditoriale di organizzare liberamente l’attività produttiva.

Tuttavia, questo potere del datore di lavoro non può andare a danno dei lavoratori, così, per esempio, il datore di lavoro non potrebbe pretendere che siano i lavoratori ad affrontare i costi per l’acquisto o per la pulizia della divisa. Per gli stessi motivi, il datore di lavoro non può neanche pretendere che il lavoratore vesta e svesta la divisa al di fuori dell’orario di lavoro.

Infatti, l’orario di lavoro rappresenta il confine tra il momento in cui il dipendente è soggetto al potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro, e il momento in cui il lavoratore è sottratto a tale potere. In altre parole, il lavoratore è soggetto all’ordine, impartito dal datore di lavoro, di indossare la divisa solo nel lasso di tempo segnato dall’orario di lavoro; al di fuori di esso, ovviamente, il lavoratore non soggiace né a questa né ad altre manifestazioni del potere imprenditoriale.

Né si potrebbe obiettare, in contrario, che l’orario di lavoro è quello in cui il lavoratore esegue la propria prestazione lavorativa, strettamente intesa (per esempio, lavoro al tornio). In realtà, la prestazione lavorativa non può essere intesa in senso così rigoroso; al contrario, ogni attività che sia comunque funzionale alla esecuzione della prestazione lavorativa principale deve essere ricompresa nella nozione di lavoro e, dunque, nell’ambito dell’orario.

Tanto per restare all’esempio del tornitore, è evidente che il suo lavoro non consisterà solamente nell’operare alla macchina ma, per esempio, anche nel prelevare dal magazzino i pezzi che andranno lavorati, o anche di verificare il buon funzionamento della macchina prima di iniziare a lavorare pezzi.

Nessuno dubita che il tempo necessario a tale prelevamento rientri nell’orario di lavoro del tornitore; analogamente deve essere per la vestizione / svestizione, in quanto attività ausiliaria alla prestazione lavorativa principale, imposta dal datore di lavoro per il migliore funzionamento dell’azienda, infatti alcuni colleghi svolgono il lavoro in abiti borghesi per disposizione del Comando e per la loro peculiare mansione.

Neppure si potrebbe assimilare l’operazione di cui si parla ad una sosta non retribuita. Infatti, per legge (art. 6 u.c. RDL 13/11/24 n. 1825, convertito in L. 18/3/26 n. 562), le uniche soste non retribuibili sono quelle nell’interesse del lavoratore, mentre devono essere retribuite quelle svolte nell’interesse del servizio.

A fronte di quanto sopra riportato, rimaniamo nella speranza che abbia avuto delle ragioni superiori che l’hanno portata ad una simile scelta di scontro con le OO.SS. e i Lavoratori e saremo felici di ascoltarle nell’incontro che sicuramente sarà costruttivo con la massima collaborazione da parte nostra.

Diversamente, se le ragioni, viste anche dall’approfondimento di cui sopra, Le apparissero poco solide, ci permettiamo di suggerirle di ritirare immediatamente l’OdS e ricominciare da una relazione sindacale più costruttiva e collaborativa improntata magari al rispetto degli impegni presi dall’Amministrazione riguardo il lavaggio e la manutenzione della divisa che, ad oggi, non sono stati mantenuti”.