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Covid e Amore | La necessità dell’ultimo saluto

Un reparto di Terapia intensiva (immagine di repertorio)

Papà mi ha lasciato tanto amore e voglio che venga fuori

Una situazione, ormai purtroppo, maledettamente ordinaria che si verifica in tanti ospedali, fa emergere una questione morale ed etica di tutto rispetto: il poter dare l’ultimo saluto ai propri cari defunti in un momento dove i parenti sono banditi dagli ospedali a causa dell’emergenza Covid 19.

E’ il caso di una famiglia di ferventi credenti: figlia, moglie, fratello, sorella, che vogliono dare l’estremo saluto al loro congiunto Dario (nome di fantasia), un 84enne che è deceduto all’ospedale San Martino di Genova.

Il padre, come ci racconta la figlia Ludovica (anche questo nome di fantasia) che è assistita dall’Avvocato Isabella Pileri, sarebbe entrato in ospedale in “codice giallo” quindi non in pericolo di vita, ma semplicemente con la necessità di un controllo da parte del medico.

Dario che ha delle patologie cardiache pregresse, è al Pronto Soccorso per dispnea e dopo il tampone, risultato positivo, viene ricoverato come paziente Covid.

La storia potrebbe essere una delle tante: le difficoltà respiratorie, l’arrivo dell’ambulanza e il Triage al pronto soccorso con i parenti che non possono entrare. Il tampone positivo, l’osservazione, poi il trasferimento al reparto 40. Un infezione alle vie urinarie a cui si pone rimedio con gli antibiotici. Ed, ancora, un peggioramento con una polmonite batterica e Dario finisce in terapia intensiva isolato da tutti.

Ancora un miglioramento e anche se il casco è fastidioso, la figlia Ludovica lo convince in videochiamata a metterlo.

“Lo guardo in videochiamata – ci racconta Ludovica – e gli dico non è l’ora della tua morte, se metti il casco, riesci a stare un po’ più con noi.” Dario mette il casco e il giorno dopo rientrano i parametri.

Ancora una videochiamata sul tablet usato in reparto e Dario saluta Ludovica e la moglie.

Poi il peggioramento, improvviso ed, infine, qualche giorno dopo alle 15.15 l’abbandono dalla vita terrena.

E’ un infermiere ad avvisare Ludovica che Dario non c’è più. Lei semplicemente risponde: “Grazie per avermelo detto”. La mamma è presente e ha assistito alle ultime telefonate accetto il fatto, la morte del marito, ma vuole vederlo per l’ultima volta.

Mia madre – racconta Ludovica – mi guarda con quegli occhi lucidi pieni di amore e mi dice: almeno salutarlo un attimo, poter andare all’obitorio e portare i fiori. Questo gesto è molto importante per lei e per noi sono due mesi che non lo vediamo. E’ necessario, mia mamma ha bisogno proprio di quel passaggio di consegna di amore, è importante per lei e per noi portare l’ultimo saluto.”

“Vedi, papà mi ha lasciato tanto amore e voglio che venga fuori, prosegue Ludovica. Il giorno dopo il decesso, sono andata al ’40’ e anche vedendo l’Area Critica ho provato amore, perché anche lui, lì ha ricevuto amore: non dobbiamo mai dimenticare questo sentimento anche in un momento oscuro.

Proprio per quell’amore che, in ospedale, hanno donato a papà, io gli ho portato una torta. Ho incontrato l’infermiere che lo aveva seguito e ho saputo che una dottoressa era andato a trovarlo, che si erano affezionati a lui”.

Tutte le storie che riguardano il Covid sono differenti, ma tutte hanno un comune denominatore: l’isolamento. La lontananza dai propri parenti, figli, moglie e sorelle che siano: non puoi né vederli, né abbracciarli.

Ludovica “In seguito al tragico evento – ci spiega il suo legale, l’Avvocato Isabella Pileri – ha chiesto invano e ripetutamente ai sanitari di poter vedere il corpo del papà per l’estremo saluto, posto che la stessa non ha potuto recarsi in visita in ragione delle attuali norme e fonti subordinate collegate in materia di contenimento epidemiologico, le quali, tuttavia, si pongono in netto contrasto con norme di rango Costituzionale, quali l’art. 32 c. 2.”

“La donna – ci spiega il legale – è profondamente credente e pertanto la sua necessità dell’estremo saluto al defunto è nel pieno esercizio di quanto garantito ex art. 19 della Costituzione italiana.

Da questa considerazione scaturisce, la tutela della libertà religiosa per cui il compimento di atti che rientrano in tale sfera ‘non possono essere oggetto di alcuna prescrizione obbligatoria da parte dello Stato’ e, a maggior ragione, da fonti di natura subordinata a quella ordinaria.”

L’avvocato ci spiega anche “come sia possibile, nonostante l’attuale pandemia, poter fare visita in completa sicurezza persino a pazienti nelle RSA, pur essendo gli anziani sicuramente più fragili e in pericolo di un adulto di età inferiore ai 60 anni in relazione al Covid 19.”

A testimonianza di ciò, l’Avvocato Pileri porta come riferimento recenti linee di indirizzo in materia che hanno ricevuto l’approvazione da parte del Comitato tecnico scientifico dell’Unità di crisi della Regione Piemonte e che l’Assessorato alla Sanità del Piemonte ha inviato in data 17 Giugno 2020 alle direzioni delle Strutture residenziali, tra cui quelle socio-sanitarie e socio-assistenziali, oltre che alle Commissioni di vigilanza delle Asl, fornendo precise indicazioni per “la graduale ripresa delle attività in strutture residenziali extra ospedaliere”.

Tali linee di indirizzo, stabilite prima che il Piemonte divenisse zona rossa, permette incontri tra visitatori ed ospiti nel rispetto di precise disposizioni, quali la disinfezione delle mani in entrata e in uscita, utilizzo dei dispositivi necessari secondo le indicazioni della direzione della struttura, distanziamento fisico garantito da barriere di vetro o plexiglass, divieto assoluto di contatto fisico, stretta vigilanza da parte di un operatore debitamente formato.

Nelle facoltà delle Direzioni Sanitarie esiste anche la possibilità di valutare e di utilizzare spazi all’aperto per lo svolgimento delle visite, purché facilmente sorvegliabili.

Inoltre tali linee di indirizzo sanciscono come la Direzione Sanitaria, d’intesa con il medico curante, possa prevedere casi eccezionali quali, per esempio la fine vita, da gestirsi comunque nel rispetto delle indicazioni internazionali, nazionali e regionali sulla sicurezza.

Per analogia – spiega l’Avvocato Pileri – appare pertanto applicabile anche nel caso specifico della Sig.ra ‘Ludovica’ figlia del defunto Sig. ‘Dario’, la previsione di un diritto di saluto al defunto utilizzando all’uopo strutture protettive anche preesistenti nella struttura sanitaria, quali vetri/porte che consentano comunque di vedere in completa sicurezza e a distanza la salma, oppure divisori in plastica muniti di appositi bracci mediante i quali il visitatore possa toccare l’altra persona senza necessità che non si dia luogo ad alcuna situazione di rischio.”

Poste queste motivazioni l’Avvocato Pileri ha richiesto ufficialmente alla Direzione del San Martino di individuare un’area come quella concessa alle strutture del Piemonte, “ovvero che venga utilizzato un telo di plastica, per poter garantire alla mia cliente, nello strazio della perdita, come di uso in una situazione di dolore e lutto, di poter vedere per pochi minuti almeno da lontano il padre prima che le spoglie dello stesso vengano sottoposte a quanto previsto da normative e usi vigenti.”

In ultimo, nel caso che la Direzione Sanitaria non conceda tale possibilità, l’Avvocato chiede di poter vedere il defunto almeno virtualmente per pochi minuti, mediante smartphone, computer o altro mezzo idoneo a trasmettere a distanza l’immagine del defunto, senza pertanto alcun rischio di contagio da coronavirus “confidando nel fatto che, essendo l’ultimo saluto parte integrante dei riti religiosi nei quali fermamente crede, non si voglia in alcun modo impedire o turbare il servizio funebre e le relative cerimonie per commemorare il suo defunto padre.”

Per questi motivi fino al momento che alla figlia Ludovica non sarà concesso tale diritto dell’ultimo saluto, la stessa “diffida ogni operatore di servizio funebre e sanitario, nonché ogni altro

soggetto agli stessi collegato e ogni terzo, dal rimuovere, spostare, traslare dall’ospedale San Martino, sottoporre a qualsivoglia tipo di trattamento o procedura, distruggere, sopprimere, sottrarre in tutto o in parte il corpo del defunto padre, posta la completa idoneità della struttura ospedaliera stessa ove si è consumato il decesso a fungere da deposito del corpo.”

Insomma le richieste del legale sono chiare e molto umane.

“Questo problema – conclude Ludovica – voglio risolverlo con un gesto di umanità. Mia madre deve avere una consegna d’amore da parte di mio padre, vederlo ancora una volta.

Ma soprattutto, non voglio e non ho rabbia verso nessuno. Ora, in questi momenti bui, quello che accomuna politici, medici, infermieri, pazienti e giudici, quello che ci lega tutti, in questa situazione, è l’amore.” L.B.