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Uccise il suo bambino e sua madre: donna genovese condannata a 27 anni

Presunte violenze sulla figlia adottiva: Cassazione annulla condanna
La Suprema Corte di Cassazione (foto d'archivio)

I giudici della Corte di Cassazione hanno condannato, in via definitiva, la donna genovese che uccise il figlio di 3 anni e smembrò la madre Loredana Stuppazzoni nel novembre 2019, confermando la sentenza della Corte d’Appello di Genova a 27 anni di reclusione.

Alla 41enne Giulia Stanganini, in primo grado, era stato inflitto l’ergastolo. L’imputata ha sempre negato l’infanticidio e il marricidio.

In fase di indagini preliminari la donna genovese venne sottoposta a due perizie: l’ultima concluse che la 41enne era capace di intendere e volere al momento degli omicidi e parzialmente inferma quando fece a pezzi la madre. A inizio processo di secondo grado era stata disposta una nuova consulenza che ha stabilito un disturbo di personalità di tipo schizotipico oltre a un lieve deficit mentale.

La donna si era presentata in Questura, nell’aprile 2020, confessando di avere fatto a pezzi e smembrato il corpo della madre, bidella in pensione di 63 anni.

Agli inquirenti aveva raccontato di avere trovato la madre impiccata e di avere deciso di disfarsi del corpo dopo due giorni per evitare che l’accusassero di averla uccisa.

Indagando su quella macabra scoperta, gli investigatori avevano scoperto che la donna cinque mesi prima aveva ucciso il suo bambino.

Un omicidio premeditato come confermato dalle ricerche su internet che Giulia Stanganini aveva fatto un mese prima della morte di Adam. “Come uccidere un bambino” , “mamme che uccidono figli”, “asfissia”, “gioco del foulard”.

E poi un messaggio mandato all’ex compagno, padre del bimbo, 12 giorni prima della morte: “Buon anno a te e agli altri e buon Natale. Vedrai tra poco col piccolo Adam” aveva scritto nell’sms.

La donna lo aveva soffocato il suo bambino, secondo gli inquirenti, perché non ne sopportava il pianto.

Una madre “inadeguata”, secondo il giudice che aveva firmato l’ordinanza di custodia cautelare, rispetto ai compiti della maternità: il piccolo a tre anni veniva nutrito quasi completamente con omogeneizzati e talvolta veniva messo a dormire legato al passeggino.

La nonna del bimbo aveva capito che la figlia aveva ucciso il nipotino e aveva iniziato ad accusarla di essere una assassina.

Per questo, secondo gli investigatori, Giulia Stanganini aveva poi ucciso anche la madre.