Ieri, nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Genova che aveva acceso i riflettori su alcune procedure pubbliche per il reclutamento di ‘assegnisti’ di ricerca e ricercatori all’Università di Genova, il giudice per l’udienza preliminare ha pronunciato una sentenza che segna una svolta: “Non luogo a procedere perché il fatto non sussiste” per il principale capo d’imputazione, quello di turbativa d’asta.
Vedremo le motivazioni, ma la decisione del giudice non lascia dubbi.
L’accusa, nel pieno delle indagini, aveva portato addirittura agli arresti domiciliari due docenti dell’Ateneo, Lara Trucco e Pasquale Costanzo, con divieto di comunicazione.
La professoressa Trucco era in seguito rimasta in custodia cautelare per tre mesi e successivamente era stata sospesa sine die dall’Università, misura poi (dopo due anni di vigenza) dichiarata dal TAR della Liguria illegittima e sproporzionata.
Nei confronti di altri docenti imputati si è proceduto diversamente.
Riguardo a Trucco e Costanzo c’è stato un accanimento anche da parte degli organi d’informazione, che hanno distrutto la dignità di due persone anche sul piano privato. Mi sia consentito di dirlo: una vergogna.
Nel frattempo, sono trascorsi tre anni. Anni di attesa, sofferenze, interrogativi. Anni di angoscia, tristezza, depressione. Anni in cui il professor Pasquale Costanzo, tra i costituzionalisti più stimati del panorama accademico italiano, ha visto la propria esistenza stravolta. La pressione del caso e il dolore lo hanno segnato profondamente nello spirito e nel corpo e alla fine è morto, purtroppo prima di conoscere l’esito dell’udienza, che sarebbe stato di piena assoluzione.
Il reato di abuso d’ufficio, che avrebbe potuto essere eventualmente contestato, nel frattempo è stato abrogato. E così, oltre al danno, è arrivata anche la beffa. Gli stessi imputati avevano auspicato che si potesse applicare quella norma, certi di non aver commesso alcun reato. A ogni modo, sono stati ieri assolti dal giudice con formula piena.
Però la vicenda non si chiude qui. Restano ancora in piedi nei confronti degli imputati le accuse di falso ideologico e falso materiale.
La condotta contestata? Per quel che mi è dato di capire aver dato seguito alle disposizioni dell’Ateneo genovese, in particolare, intervenendo su alcuni verbali per correggerli e consentirne l’approvazione definitiva. Secondo quanto emerso dalle indagini, i docenti lavoravano anche nei fine settimana, a orari inconsueti, per adempiere al proprio compito e garantire il corretto svolgimento delle selezioni. Un impegno che, paradossalmente, si è rivoltato contro di loro.
E così, la sofferenza continua. Non soltanto per i lunghi anni trascorsi sotto il peso dell’indagine, ma per l’incertezza che ancora incombe. Ancora una volta, oltre al danno, la beffa di aver fatto semplicemente il proprio dovere.
Il prossimo novembre dovrebbe cominciare il procedimento per l’unico capo di imputazione rimasto in piedi e vedremo quello che succederà.
Resta l’amarezza di una vicenda che ha coinvolto docenti del Dipartimento in cui lavoro, che hanno dedicato una vita intera alla ricerca e all’ insegnamento e che non meritavano il trattamento a cui sono stati sottoposti. Prof. Paolo Becchi