Letica dei buoni propositi. Lutilità del non-avere
[caption id="attachment_197009" align="alignleft" width="728"] Erich Fromm[/caption]
GENOVA. 5 APR. Nel confessare un riferimento, quantomeno ideale, in Avere o essere di Fromm, esprimo da subito una netta contrarietà a considerare lutilità, lidolo del nostro tempo.
Dichiaro la ferma contrapposizione ad ogni relazione sociale volta unicamente ad ottenere risultati economici; allamicizia quando smotta nel fine utilitaristico; allantico sentimento dellamore, con le sue tracce sempre più flebili e timide, quando viene surclassato da istanze ossessive e posposto a materici ed effimeri bisogni.
Considero motivo di fortuna ed utilità il non-possedere, negando così il perfido destino di non-essere, in cui tende a stazionare il comune pensiero, stigma dellumana condizione.
La nostra funambolica esistenza è letteralmente aggiogata al culto del possesso, vero e proprio imperativo categorico di una fuorviata contemporaneità.
Non di meno, luomo, da quando ha utilmente preso consapevolezza di un sé desideroso, ha sempre intessuto relazioni di utilità con i suoi simili. E, non pago di ciò, per conseguenza, anche con sé stesso.
Tali connessi livelli di relazione implicano, comprensibilmente, un complesso rapporto tra intraneità ed estraneità.
In tal senso, la Società contempla una possibile, pur instabile, alleanza con noi stessi, dovuta anche al fatto che il mondo in cui si impersonifica luomo, pur contenendo linfinito, lo contiene senza che egli possa comprenderlo (cit. G.Poulet).
Questa centrifuga di sensazioni e relazioni si espande dal centro verso la periferia, da noi agli altri. E noi, pur misurando il raggio della nostra sfera, sostiamo al centro.
Tale apatica ambiguità, mentre brama il possesso di una cosa, ne cerca ulteriore, altra. Cosicché, arroccandosi emotivamente, mai nessuna, in realtà, ne possiede.
Inessenziale e devastante leffetto prodotto dal dover-possedere. Prudente e saggio il voler desiderare, fossanche il desiderio stesso.
E, in quel residuale orientamento che inclina la ragione a lucida risorsa, in quel lucente attimo (cit. M. Guidacci), ogni esistenza si riappropria e riassume listante di espansione vitale, che, per diritto naturale, le appartiene.
Massimiliano Barbin Bertorelli