La sindrome da app compulsiva sul cellulare
[caption id="attachment_176097" align="alignleft" width="557"] La sindrome da app sul cellulare[/caption]
GENOVA. 13 FEB. Linteressante commento di F. Zaffarano (Il Secolo XIX) del 4 febbraio us non mi ha colto alla sprovvista. Anzi, convalida unevidenza: non cè luogo, dal bar allautobus, dalle sale daspetto al salotto di casa, che non preveda, e veda, gli utenti-avventori scorrere senza tregua la tastiera touch del proprio cellulare.
Infatti, sia intenti a giocare, sia a profondere mi piace in qualche social, limmanenza del mezzo tecnologico simpone con la sua stessa presenza: ben serrato tra le mani, in attesa di inter-agire col mondo.
Fenomeno contemporaneo da cui pochi, molto pochi, riescono a sottrarsi. Flagello espressivo di cui pochi, a mio avviso, comprendono la natura.
Conseguenza immediata del fenomeno: scriversi tanto e parlarsi poco.
Ma se la questione posta simponesse per significato letterale, sarebbe, tutto sommato, una buona cosa: scrivere è sempre un ottimo esercizio che, tra laltro, ben dispone alla lettura: ora la memoria va ai preziosi e colti carteggi di pensatori e studiosi, nella storia presente e passata.
In questo caso, invece, il significato di scrivere va inteso con tuttaltro tenore: digitazioni brevi e contratte, sigle ed acronimi conditi dalle più svariate faccine, codificazioni che trovano in whatsapp (lho scritto correttamente?) ideale sfogo, o per meglio dire, gratuito ristoro.
Gli utenti di questa app, che ha ormai soppiantato i vecchi sms, pare siano circa 1 miliardo al mese. Immaginiamo una inimmaginabile immensità di persone, distribuite in ogni parte del mondo che smanetta, scorre le dita sul display; che ne digita, compulsiva, i tasti. Estraniata dal mondo circostante. Estasiata dal proprio.
Daltronde, lo abbiamo ben appreso anche dalle Neuroscienze: quando dedichiamo attenzione ad una cosa, essa assorbe ed indirizza univocamente le nostre capacità.
Osservare la situazione, se non fosse drammatica, sarebbe un piacevole diversivo. Ma comé possibile trovare diletto in tale sommessa e comune condizione? Quando innanzi si prospetta un panorama umano, pur globalizzato, tuttavia reclinato e destinato irreversibilmente allautoisolamento interattivo ed al declino intellettivo?
Si può forse scherzare o scommettere su una condizione che costituisce unipoteca sul presente e sul futuro di tutti?
Massimiliano Barbin Bertorelli