Delitto della freccia nei caruggi genovesi. Il disturbo del sonno che i due sudamericani, la vittima e il suo amico, stavano arrecando a Evaristo Scalco secondo i supremi giudici ha “rappresentato semplicemente il pretesto per manifestare in maniera arrogante la propria aggressività, in modo da fare comprendere a quali gravi conseguenze andava incontro chi gli stava mancando di rispetto” e non gli consentiva di dormire per poi andare al lavoro la mattina dopo.
Tuttavia, la condanna a 23 anni di reclusione inflitta dai giudici genovesi al maestro d’ascia è apparsa sproporzionata e quindi bisogna ricelebrare un nuovo processo “per ridurre la pena”.
E’ la sostanza di quanto scrivono i magistrati della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza che oggi ha annullato con rinvio la condanna a 23 anni di reclusione per il lavoratore artigiano che la notte tra l’uno e il due novembre 2022 uccise con arco e freccia Javier Alfredo Miranda Romero, nei pressi di vico Mele nel Centro storico di Genova.
La vittima stava festeggiando la nascita del figlio con un amico, facendo fracasso a notte inoltrata nei caruggi.
I due si erano trovati a un certo punto in un vicolo sotto la finestra della camera da letto di Scalco. Il maestro d’ascia si era svegliato per i forti rumori provocati dai sudamericani.
Esasperato dall’ennesimo fracasso per il vicolo, si era affacciato e li aveva mal apostrofati perché facevano un baccano infernale e avevano orinato contro il muro.
I due amici, anziché andarsene, gli avevano risposto. Uno di loro gli aveva mostrato il dito medio e allora il maestro d’ascia aveva preso l’arco che teneva in casa, aveva montato la freccia e aveva colpito a morte Romero.
Era poi sceso in strada e aveva provato a estrarre il dardo, ma per il sudamericano purtroppo non c’era stato più nulla da fare.
I difensori di Scalco, gli avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa, hanno sempre sostenuto che l’artigiano non volesse uccidere “ma solo spaventare” i due amici per farli allontanare.
La compagna della vittima, assistita dagli avvocati Francesca Palmero e Jari Felice, in udienza in Tribunale a Genova aveva ricordato come il compagno fosse riuscito a vedere il figlio solo due volte prima di morire.