I giudici della Corte di Cassazione ieri hanno confermato l’annullamento del sequestro preventivo di quattro traghetti alla compagnia Tirrenia-Cin per un valore di circa 64 milioni di euro.
Secondo gli Ermellini, in sintesi, non c’è stata frode nelle pubbliche forniture perché “il destinatario della fornitura non è l’amministrazione pubblica”.
L’inchiesta ‘Traghettopoli’ della Procura di Genova deflagrata lo scorso aprile, con grande risalto anche sui media, aveva visto coinvolti ammiragli e funzionari di varie Capitanerie di porto e dirigenti della Tirrenia-Cin accusati, a vario titolo, di frode, falso e corruzione.
A questi si erano aggiunti altri settanta tra ufficiali e vertici della Capitaneria di porto e di altre forze dell’ordine, accusati di avere messo a disposizione la loro funzione in cambio di biglietti gratis sui traghetti.
Il pm genovese Walter Cotugno aveva pure chiesto misure cautelari per tredici persone, che però erano state respinte dalla giudice per le indagini preliminari.
Tuttavia, la Procura aveva ottenuto il sequestro preventivo dei traghetti che era stato impugnato dai legali della compagnia di navigazione, gli avvocati pasquale Pantano e Beniamino Carnevale.
In sostanza, secondo i giudici della Suprema Corte, il reato contestato dal pm genovese non sussiste perché “qualora la concessione trasferisca al privato la gestione del servizio pubblico, l’ente conferente è solo indirettamente destinatario di un vantaggio, conservando l’interesse al rispetto del corretto adempimento del contratto di concessione. Tuttavia, ciò non si traduce nella previsione di una prestazione che deve essere direttamente rivolta in favore dell’ente”.
Tutt’al più, secondo gli Ermellini: “eventuali inadempienze del concessionario potranno rilevare in sede civile”.
Tutto questo perché nel caso in esame “la pubblica amministrazione demandata al privato lo svolgimento di un servizio pubblico in favore dell’utenza”.
Inoltre, hanno spiegato dalla Suprema Corte, è anche errato il calcolo per quantificare l’ammontare del sequestro visto e considerato che “il servizio di trasporto, sia pur in violazione delle previsioni contrattuali, era stato ugualmente svolto. Al massimo si poteva formulare un criterio alternativo di determinazione dei profitto, quantificandolo sulla base dell’importo delle penali che sarebbero state dovute nel caso di ‘fermo nave’ e quindi “nell’ipotesi in cui il servizio di trasporto fosse stato sospeso per effetto della mancata manutenzione”.