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Carlo Felice, un giovane Flauto Magico convince ed incanta

Carlo Felice, un giovane Flauto Magico convince ed incanta
Una scena de Il flauto magico

Venerdi 13 si è chiusa al Teatro Carlo Felice la stagione operistica con DIE ZAUBERFLOTE, ovvero Il Flauto Magico, composto nel 1790 e ultimo capolavoro prima dell’immatura scomparsa di Wolfang Amadeus Mozart, su libretto di Emanuel Schikaneder. Piacevolmente e felicemente conclusa, con una notevole prova di bravura fornita, come ormai è tradizione,  dai giovani  allievi dell’Accademia di Alto perfezionamento ed inserimento del Teatro diretti dal tenore Francesco Meli. Un giovane cast, carico ed entusiasta, che non ha lasciato dubbi a proposito dell’efficacia dell’insegnamento  e della costanza e preparazione dei debuttanti, pur messi alla prova  dalla complessità e dalla varietà della composizione mozartiana nonchè dalla difficoltà del testo in lingua tedesca, sia nel cantato che nel recitato.  Ottima la presenza scenica nonchè le doti teatrali e l’ uso del corpo dei protagonisti, vestiti da Santuzza Calì.  

La lodevole regia è stata di Daniele Abbado; dieci e lode anche all’orchestra, diretta dal maestro Giancarlo Andreatta, che ha saputo mantenere, pur nella difficoltà di reggere il gioco tragico e comico, leggero e rigoroso assieme della partitura di Mozart, un ottimo equilibrio tra buca e palcoscenico, specie nella divertente scansione simultanea  tra sillabe e note ( che sarà ereditata anche dal nostro Rossini, soprannominato per arguzia e velocità di composizione, il Mozart italiano ).    Da notare che restituire con attuali strumenti il suono mozartiano degli strumenti d’epoca-ad esempio corde di budello, flauti in legno, corni ecc – non è poi  impresa così semplice.

L’allestimento è quello storico realizzato da Lele Luzzati insieme ad Abbado  nel 2002, definito dallo stesso regista “uno sposalizio poetico tra il mondo artistico di Lele e quest’opera”.  In effetti la  scena è uno degli elementi portanti della rappresentazione, sottolineando pienamente e gradevolmente l’atmosfera onirica della favola. Un felice mix di pannelli di pittorica modernità ( bei toni di blu e di rosso di gusto impressionistico ) e di elementi  che ricordano le rappresentazioni dell’epoca. Simpatiche le rocce mobili, buffo il serpente-drago, magnetica la navicella che dall’alto trasporta i tre fanciulli per scendere poi con studiata lentezza. L’antico  flauto suonato da Tamino è magico perchè lo protegge, fa accorrere intorno a lui gli animali del bosco.

Opera ricca di simboli ed allegorie, fiabesca, certo, ma messaggera di valori profondi, con un richiamo alla saggezza  affidato all’animo puro di tre fanciulli. Memorabili, sia dal punto di vista artistico che emotivo, il confronto tra Pamina e la madre e quello drammatico tra Tamino costretto al silenzio e Pamina che non comprende. 

Gabriella Ingenito nel ruolo di Pamina,  ha dimostrato  apprezzabile tecnica ed  espressività;  Martina Saviano ha reso  eccezionale  con la sua abile modulazione della splendida voce il ruolo  della Regina della Notte, strappando applausi a scena aperta. Buona anche l’interpretazione degli uomini:  Samuele Di Leo è stato credibile nel ruolo di un  Tamino coraggioso ma umano,  Ernesto de Nittis  ha divertito  nel ruolo del buffo Papageno in cerca della sua partner, interpretata dalla brava Giada Venturini. All’altezza della parte Antonino Arcilesi nei panni di  Sarastro,  Davide Zaccherini quale  malefico  Monostatos. Un plauso speciale ai simpatici mimi.

L’opera, della durata di poco più di tre ore scorrevoli, intervallo compreso,  resta al Carlo Felice ancora nei giorni di sabato 14, domenica 15 ore 15, venerdi 20 ore 20,sabato 21 ore 20, domenica 22 ore 15.  ELISA PRATO

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LA TRAMA. Il Flauto Magico è ambientato in un antico irreale e fantasioso Egitto.

Il principe Tamino, aiutato dal fedele Papageno, deve  combattere  le forze del male per liberare l’amata Pamina.

Mentre Il principe  sta fuggendo da un serpente  le tre dame della regina della notte lo aiutano e lo presentano alla regina  Astrifiammante, addolorata per  la figlia Pamina, rapita dal malvagio Sarastro.

Tamino va con l’uccellatore Papageno a salvare la principessa. Le Dame consegnano a Tamino un flauto magico e un glockenspiel (carillon) fatato a Papageno. Sotto la  guida di tre ragazzi. Papageno giunge per primo al tempio di Sarastro e penetra sino alla stanza dove il  moro Monostatos tiene imprigionata Pamina.

Papageno e Pamina, scacciando Monostatos, tentano la fuga. Tamino  giunge di fronte a tre Templi (Natura, Ragione e Saggezza) e si confronta con un sacerdote che  gli pone domande sul suo essere uomo.

Tamino suona  invano il flauto magico nella speranza di far comparire Pamina. Trascinato da Monostatos, viene  condotto al cospetto di Sarastro (alla presenza anche di Pamina), che lo libera e gli dice che, se vorrà entrare nel suo regno con Papageno, dovrà purificarsi. Tamino e Pamina si innamorano

Papageno e Tamino iniziano la prima prova: dovranno stare in silenzio, qualunque cosa accada.

Monostatos si avvicina furtivamente a Pamina addormentata: vorrebbe baciarla, ma è cacciato da Astrifiammante che ordina  alla figlia di  uccidere Sarastro. Monostatos minaccia di rivelare l’intrigo se Pamina non l’amerà.

Sarastro, dopo aver scacciato Monostatos, si rivolge a Pamina e le spiega che solo l’amore, non la vendetta, conduce alla felicità.

Pamina cerca di parlare a Tamino, ma il giovane – essendo ancora sottoposto alla prova del silenzio – non può rispondere. Lei crede che non l’ami più e medita il suicidio, ma viene fermata da tre ragazzi che l’informano dello scopo della prova.

Durante questa prova, Papageno parla con una vecchina, che, poco più tardi, si rivelerà essere Papagena, una donna simile a lui, di cui si innamora.

Tamino e Pamina superano le due successive prove, l’attraversamento dell’acqua e del fuoco: ecco la vittoria del bene sul male.

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