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Arenzano, attentati incendiari contro fruttivendolo marocchino: arrestati 2 connazionali

Carabinieri Compagnia di Arenzano (foto d'archivio)

I carabinieri della Compagnia di Arenzano hanno arrestato due stranieri per incendio aggravato, tentata estorsione, tentata violenza privata e favoreggiamento.

Si tratta di due operai, entrambi marocchini e residenti a Genova, di 54 e 65 anni.

Uno è stato poi messo ai domiciliari, per l’altro il gip ha disposto il divieto di dimora in Arenzano e Cogoleto con obbligo di permanenza in casa nelle ore notturne.

Gli arresti di oggi sono arrivati a conclusione di un’indagine avviata nel mese dicembre 2017, dopo che il titolare di un esercizio commerciale di Arenzano (cittadino marocchino 50enne residente in Italia da diversi anni) aveva subito un attentato incendiario a seguito del quale era andato completamente distrutto un  furgone di sua proprietà parcheggiato nei pressi della sua abitazione.

Il commerciante, che dal 2015 gestisce un negozio di frutta e verdura nel centro della città, aveva già subito a partire dal gennaio 2016 diversi attentati incendiari ai danni di autovetture e dello stesso esercizio commerciale.

In tutto 5 episodi: il 20 gennaio 2016 ed il 05.05.2016 l’incendio di  due autovetture, il 20.05.2016 ed il 01.07.2016 l’incendio della propria attività ed, infine, il 20.12.2017, l’incendio di un furgone.

A seguito dell’ultimo episodio, le indagini hanno avuto una svolta grazie agli elementi raccolti che hanno permesso di far luce sulla serie inquietante di raid incendiari e ricostruire l’intera vicenda.

Secondo i carabinieri, nel 2015 il fruttivendolo aveva ottenuto un prestito in denaro da parte di un suo connazionale, conosciuto occasionalmente, per aprire un’attività commerciale di frutta e verdura in Cogoleto, attività poi non avviata in quanto aveva deciso, per ragioni di opportunità,  di rilevare il 50% delle quote di un’altra società che gestiva il negozio di Arenzano.

Tale scelta aveva causato il risentimento del conoscente al quale più volte la vittima aveva tentato di restituire la somma di denaro ricevuta, senza successo per il rifiuto del creditore che lo aveva anche minacciato di fargliela pagare per il torto subito, rinfacciandogli la mancata operazione commerciale di Cogoleto.

Contemporaneamente, avrebbe commissionato a persone al momento rimaste ignote la serie di attentati incendiari che erano culminati nel maggio e luglio 2016 nell’incendio del locale e che avevano costretto il fruttivendolo, per paura di ulteriori ritorsioni, a cedere ad ulteriori ed insistenti richieste, successive agli incendi del locale, da parte del malvivente connazionale che gli aveva proposto una sorta di protezione entrando come socio occulto nella società prestandogli la somma di 20.000 euro e obbligandolo a versargli una somma mensile di 500 euro nei mesi invernali e 600 in quelli estivi.

A causa però di alcune difficoltà economiche, nel novembre 2017 non era riuscito più a pagare quanto pattuito e per questo l’arrestato gli aveva proposto di cedergli l’attività ad un prezzo ritenuto non conveniente e vantaggioso. Il rifiuto del fruttivendolo aveva provocato nuovamente la reazione del malintenzionato che come ritorsione avrebbe fatto incendiare il furgone della vittima.

Il fruttivendolo, a gennaio 2018, ormai disperato e senza via d’uscita, con il timore di essere oggetto di altri episodi di ritorsione, aveva deciso di rivolgersi ai Carabinieri raccontando tutta la vicenda e denunciando il suo estorsore.

Quest’ultimo, venuto a conoscenza del suo comportamento, con l’intermediazione del terzo nordafricano (che tra l’altro dal novembre 2017 era stato assunto dalla vittima come guardiano del negozio per evitare altri raid) aveva successivamente tentato, minacciandolo di ulteriori conseguenze, di costringerlo a ritirare la denuncia contro di lui, non riuscendovi.

Questa mattina all’alba il blitz dei militari dell’Arma che hanno eseguito presso le abitazioni dei due destinatari le misure cautelari e una serie di perquisizioni domiciliari a carico anche di altro soggetto indagato a piede libero che hanno permesso di sequestrare ulteriore documentazione ritenuta utile ai fini dell’indagine.